Arrivederci ragazzi – Louis Malle.
1944, 2ª guerra mondiale, non lontano da Parigi, in un collegio dei padri Carmelitani di cui padre Jean ne è il direttore, arrivano tre ragazzi: Jean Bonnet (vero cognome Kippelstein), un ragazzo sfuggente e misterioso, Julien Quentin e suo fratello François, figli di un imprenditore della buona borghesia francese.
I tre ragazzi sono ebrei che aiutati da padre Jean si rifugiano al colleggio perchè così le famiglie pensano di poterli proteggere dalla furia nazista. Nessuno degli altri ragazzi presenti sa la loro vera origine.
Tra gli allarmi dei bombardamenti, le uscite ai bagni pubblici per usufruire dell’acqua calda che manca in collegio, la caccia al tesoro nel bosco, i tre diventano amici. Il tempo scorre apparentemente tranquillo fino al giorno in cui, durante una messa, mentre padre Jean parla della persecuzione degli ebrei condannandola, arriva un gruppo di militari tedeschi che preleva i tre ragazzi e un professore, anche lui ebreo, per portarli nei lager; l’artefice della spiata è Joseph, il ragazzo che lavora nelle cucine del collegio; viene arrestato anche padre Jean, sospettato di appartenere alla resistenza.
I ragazzi si guardano per l’ultima volta mentre padre Jean grida agli studenti: “Arrivederci ragazzi, a presto”.
Questo libro è tratto dal film omonimo (che non ho visto).
Su quell’arrivederci la commozione mi ha completamente sopraffatta.
E’ un libro coinvolgente e bellissimo, ma molto triste.
Una storia che parla di una forte e bella amicizia, di come questa venga brutalmente spezzata, di come si potesse vivere nella grande incertezza giornaliera del momento, della crudeltà di un genocidio indimenticabile, che non ha risparmiato neanche le giovani vite.
Ho apprezzato come sia stato dato risalto agli sguardi tra i ragazzi, un mondo silenzioso per comunicare, capire, approvare, disapprovare, mi è piaciuta la complessità dei caratteri, mai superficiale, anzi intensa, reale.
-I tre ragazzi sono morti lo stesso anno nel campo di concentramento di Auschwitz.
-Padre Jean mori nel campo di concentramento di Mauthausen.
PER NON DIMENTICARE
se mai questo è possibile, mi chiedo.
Lascio alle parole (un estratto da I sommersi e i salvati), di Primo Levi la chiusa a questo mio post, che vorrei non dover aver mai dovuto scrivere.
“L’esperienza di cui siamo portatori noi superstiti dei Lager nazisti è estranea alle nuove generazioni dell’Occidente, e sempre più estranea si va facendo a mano a mano che passano gli anni….Per noi, parlare con i giovani è sempre più difficile. Lo percepiamo come un dovere, ed insieme come un rischio: il rischio di apparire anacronistici, di non essere ascoltati….È avvenuto, quindi può accadere di nuovo: questo è il nocciolo di quanto abbiamo da dire.”