di Richard Glatzer e Wash Westmoreland
Alice Howland, cinquantenne, professoressa di linguistica alla Columbia University di New York.
La memoria vacilla, le parole scompaiono, cosa sta accadendo?
Lo specialista a cui si rivolge gli conferma che è stata colpita da una forma ereditaria precoce di Alzheimer.
La vita perfetta e serena che vive, tra lavoro, figli e marito, il loro affetto e le cure, non la salveranno dall’inevitabile declino intellettuale.
Alice resisterà eroicamente anche se consapevole del declino che annullerà gradualmente le sue capacità intellettive e la sua anima. Che annullerà anche la possibilità di combattere la malattia.
Tratto dal romanzo di Lisa Genova (che non ho letto) è un film da vedere, strappa qualche lacrima, ma di emozione non per sentimento melodrammatico, anzi… Un film essenziale, lineare, che ti mette davanti la consapevolezza della sofferenza, l’impossibilità di sfuggire a questa malattia che ti consuma piano piano, un film che è cronaca di una malattia grave e abbastanza comune. Una malattia che ti toglie te stessa/o ma anche i ricordi. Ottima la regia, la scenografia, importante il significato che trasmette il film.
Stupenda l’interpretazione di Julianne Moore (Alice), che le ha regalato l’Oscar, un’attrice che amo ma non per questo sono di parte, è davvero stupenda in questo film.
Il film mi ha particolarmente colpito anche perchè abbiamo una carissima amica che convive da 25 anni con questo morbo, lei neanche se ne rende conto, tutto il suo mondo è sparito, gli è sconosciuto ormai da almeno 20 anni, pensate che non si è resa conto che suo figlio non c’è più ormai da un anno, chiede di lui come quando era piccolo…triste e terribile, per fortuna è circondata da tanto amore familiare e degli amici. Il film mi ha fatto rivivere un pò l’angoscia che provo quando la vado a trovare e tento di pensare come sarebbe vivere così…fragili, indifesi, senza memoria.